Un’alta percentuale dei lavoratori italiani che hanno sottoscritto un prodotto di previdenza integrativa, ha scelto i PIP.
Dati COVIP (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) a dicembre 2021, sul totale delle posizioni aperte in previdenza integrativa:
– il 37% sono PIP
– il 35% sono fondi pensione di categoria
– il 18% sono fondi pensione aperti
– il resto PIP “vecchi” e fondi pensione preesistenti
Ma sono veramente la soluzione migliore per costruire la giusta pensione integrativa che ci consentirà di raggiungere i nostri obiettivi previdenziali? 💰
Questo è il mio 15-esimo video sulle pensioni, in questa puntata parlo di questi prodotti di previdenza integrativa, molto spinti da banche e assicurazioni e che molti risparmiatori hanno sottoscritto.
Beh che dire, a un certo punto escono fuori i fondi pensione e tutto il sistema bancario si mette in moto per creare i fondi pensione aperti, dove abbiamo visto che bisogna stare attenti e selezionare quelli giusti e con costi di gestione bassi, bene arrivano le assicurazioni e dicono «signori, anche noi vogliamo fare i nostri prodotti pensionistici» e siccome non potevano chiamarli Fondi pensione, ma dovevano dargli una connotazione assicurativa, tirano fuori dal cilindro sti benedetti PIP, che alla fine sono dei fondi pensione assicurativi.
In realtà più che a dei fondi pensione somigliano molto più a dei prodotti assicurativi, infatti sono costruiti tramite delle polizze di ramo I e di ramo III, quindi poi gestiti al loro interno tramite delle gestioni separate o delle polizze unit linked.
Le gestioni di ramo I, quindi a gestione separata, sono associate alle linee più prudenti o garantite e quindi magari presentano una garanzia sul capitale o un rendimento minimo garantito e il consolidamento annuo delle prestazioni, quindi più adatte a chi è prossimo al pensionamento.
Le gestioni di ramo III, quindi le unit linked, investono il capitale in dei fondi di investimento interni che variano a seconda del comparto più o meno azionario e queste non hanno nessuna forma di garanzia.
Soprattutto a livello normativo, versamenti, riscatti, trasferimenti, deduzione fiscale e tassazione i PIP sono equivalenti ai fondi pensione aperti ad adesione individuale, per ricapitolare velocemente le caratteristiche abbiamo che: Il patrimonio in gestione è separato da quello del gestore, quindi in caso di fallimento della compagnia di assicurazione quello che avete messo nel PIP non è a rischio.
È possibile versare il TFR, fare dei versamenti volontari, non si ha in questo caso la possibilità di avere il versamento del datore di lavoro, questo perché non esistono i PIP di categoria A livello di tassazione sui rendimenti e sul TFR abbiamo le stesse regole, quindi plusvalenze tassate al 20% e TFR tassato tra il 15 e il 9% a seconda degli anni di iscrizione.
I versamenti volontari sono deducibili fiscalmente fino ad un massimo di 5164€. Le modalità di riscatto e anticipo sono le stesse dei FP: quindi potete chiedere in qualsiasi momento degli anticipi per particolari interventi medici, dopo 8 anni di adesione potete chiedere fino al 75% del capitale per acquisto e ristrutturazione prima casa, oppure fino al 30% senza motivazione e tutte le altre possibilità di riscatto che vi ho messo in tabella.
È sempre possibile trasferire tutta la posizione da un PIP ad un Fondo Pensione a costi relativamente bassi, solitamente siamo attorno ai 25€, dovrete compilare un modulo da presentare in assicurazione per effettuare il trasferimento.
Anche i PIP hanno i vari comparti quindi le linee di investimento che si possono scegliere a seconda di quanto tempo vi manca al pensionamento.
Ma la vera nota dolente dei PIP sono i costi, questi prodotti hanno i costi più alti tra tutte le forme di previdenza integrativa, mediamente (dati COVIP) abbiamo dei costi di gestione annui che vanno dal 2 al 3% in media, ma ce ne sono che raggiungono anche il 3,5 4% su alcuni comparti azionari.
In più hanno quasi sempre dei costi di caricamento che possono addirittura superare il 5%. A questo punto alcuni di voi potrebbero dire «si ma i rendimenti sono buoni» vero, però attenzione che nei rendimenti dei PIP non sono inclusi i costi di caricamento e che i rendimenti buoni li abbiamo solo nei comparti più aggressivi che sono praticamente solo azionari, e quindi con un livello di rischio molto elevato, secondo me non adatto per la previdenza integrativa.
E poi questi rendimenti andrebbero confrontati con i rendimenti del mercato azionario, ad esempio con un ETF che replica il mercato azionario globale, bene in quel caso vi accorgereste che i rendimenti del PIP che ha fatto i migliori rendimenti di tutti, ha reso meno del suo mercato di riferimento.
Se avete sottoscritto un PIP e volete un’analisi indipendente del prodotto, scrivete qui nei commenti il nome del prodotto così poi ci faccio un bel video di analisi.
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Buona visione!
Io sono Mauro Zuddas, consulente finanziario indipendente iscritto all’albo OCF sezione Autonomi e alle associazioni Nafop e ANCP.
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